Archeologia di frontiera, i Lions finanziano il restauro di reperti archeologici rinvenuti presso Colfiorito

da Marco Fantauzzi (Presidente – Lions Club Foligno)
Pomeriggio all’insegna della cultura quello trascorso a Palazzo Trinci il 29 Maggio u.s. L’occasione è stata offerta dalla presentazione del volume “Archeologia di frontiera. Antichità romane nel Medioevo marchigiano tra i Sibillini e l’Altopiano plestino” del prof. Rainini, Università Ambrosiana di Milano, che presentava l’esito di sue ricerche nella zona.

Il meeting multidisciplinare annoverava tra i relatori docenti del settore, rappresentanti di istituzioni, politica locale ed enti culturali, dirigenti delle banche finanziatrici di progetti di restauro: ha permesso ai presenti l’opportunità di un approccio alla conoscenza di reperti che caratterizzano questo territorio variegato nelle sue componenti idrogeografiche.

La rappresentazione di un transito ideale di uomini e donne tra preistoria e storia; di itinerari concreti spesso esclusi dalla grande viabilità ma meno esposti agli effetti del degrado ambientale, con una prolungata sopravvivenza che ne ha consentito un agevole passaggio dalla tarda antichità al medioevo. Itinerari, luoghi ricchi di fermenti come testimoniato da manufatti che rivelano incontri anche di manodopera locale con committenze di spessore.

Il meeting ha per noi Lion di Foligno consentito la visibilità, rimarcata da alcuni relatori, dell’impegno del Club tramite il contribuito ai restauri di reperti rinvenuti presso Colfiorito, attribuiti al VII- VI sec. A. C. Erano presenti, dei Lion, la prof.ssa Annamaria Rodante e Giuseppe Lio.

All’inizio dell’incontro, un ricordo di mons. Mario Sensi, recentemente scomparso, nel rimpianto dello studioso che ha dedicato passione letteraria ed approfondimento culturale al territorio in cui aveva anche svolto il ministero sacerdotale. Colonna portante del convegno è stato l’incontro. Incontro: a) di culture di frontiera come momento unificante; b) di materiale reimpiegato (riutilizzo in edifici in costruzione di frammenti di strutture preesistenti).

Queste caratteristiche si inserivano in altre peculiarità del tempo: c) l’omogeneità culturale del territorio degli Umbri esteso, diversamente da oggi, ad est sino a Matelica e Camerino, esclusa la parte occidentale, Perugia, etrusca: una civiltà snodata dai fiumi marchigiani sino all’altipiano di Colfiorito; d) la pratica secolare della transumanza delle greggi.

Testimonianze di culture lontane nel tempo unite dal filo unico della storia sono: 1) la chiesa di S. Maria di Plestia, posta al confine attuale tra Umbria e Marche, esempio di simbiosi archeologica (erede della civiltà della dea Cupra, coniugata col mondo classico con presupposti al messaggio cristiano, sorge su preesistente basilica paleocristiana, presenta abside e cripta dell’XI° secolo, la cripta; le colonne dell’abside sostenenti la volta ed un cippo all’interno della chiesa sono di età romana). 2) la chiesa di S. Angelo di Montespino in una zona isolata delle Marche: recante al suo interno sia marmi pregiati di varia origine (Carrara, Attica, Turchia occidentale, ecc.) trasportati via mare e via terra, sia capitelli appartenenti anche al periodo di Diocleziano; essa si ispira al culto di San Michele Arcangelo protettore inserito nell’itinerario della transumanza (anche nel Gargano è diffuso il culto del Santo). Anche a Bevagna c’è la testimonianza di riutilizzo di capitelli, fregi, ecc. preesistenti.

Parametro unificante identificativo della zona è la cultura della montagna, percorsa anche in età recente per sfruttarne il bosco: concetto espresso dalla relatrice prof.ssa Pasquinucci, che ha proposto la cultura di interesse per la montagna come modello ai giovani.

Boschi, strade, paludi: platea e cornice da sempre della storia di uomini e donne che hanno vissuto nella zona la propria irripetibile esistenza; il prof. Orsomando ha offerto nozioni di biodiversità e botanica circa le zone umide: è la presenza costante dell’acqua ad aver conferito alla palude di Colfiorito (estesa oggi su una superficie di 106 ettari) la sua peculiarità che ha consentito l’antropizzazione.

L’intervento della dottoressa Manca della Sovrintendenza Beni archeologici ha illustrato gli ultimi reperti archeologici rinvenuti (dal 2011 al 2014) durante i lavori per la strada SS77: materiale variegato a cavallo di preistoria e storia: da quelli trovati a Casette di Cupigliolo databili all’età eneolitica, al tempietto contenente elementi databili in epoche cronologiche diverse (età repubblicana, età imperiale), a quelli rinvenuti a Rio di Cesi lungo l’antica via della Spina; alla “tomba degli sposi” databili VI° secolo a.C., all’area di necropoli con 75 sepolture a fossa. Il restauro di quanto rinvenuto nella tomba 56 (bacili in oro) è stato effettuato grazie al contributo del Club Lion di Foligno: i reperti saranno esposti al Museo del Mac.

Al di là del significato scientifico della valorizzazione del reperto in sé, l’opera promossa dai Lions è finalizzata alla conservazione di manufatti che evidenziano l’impegno di altri uomini che avevano più scarse opportunità ma nutrivano gli stessi sentimenti di sempre: una testimonianza del rispetto della dignità della persona che si radica nella cultura dell’uomo.

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